domenica 30 marzo 2014

Il quinto Beatles

La nostra tessera di oggi riguarda un personaggio che ancora non abbiamo preso in considerazione e che invece, secondo me, ha avuto un ruolo fondamentale in questa storia. Il nostro discorso sul quinto Beatles si lega a doppio nodo a quello sulla posizione di Bill nel gruppo, e quindi a ciò che vi ho raccontato nell'ultimo post.

Ora vi starete chiedendo chi sia il quinto Beatles, anche perché c'è da dire che l'appellativo in questione è stato dato, a più riprese, a diverse persone: i due roadies del gruppo, Mal Evans e Neil Aspinall, per esempio. Ma anche a Pete Best, il primo batterista dei Beatles, poi sostituito con Ringo Starr. 

Per me, la persona che più di tutti meriterebbe il titolo, qualora lo desiderasse e non è detto, sarebbe il produttore e arrangiatore del gruppo, Sir George Martin. Questi ha avuto un ruolo fondamentale nel successo dei Beatles: è riuscito a incanalare le singole personalità verso un risultato unitario. Ha aggiunto al talento puro dei singoli, le necessarie competenze tecniche, che a loro mancavano. Tanto per darne un'idea, ricordiamo che nessuno dei Beatles ha mai imparato a leggere uno spartito o a scrivere la propria musica su un pentagramma. Perciò direi che l'apporto di George Martin è incontestabile.

Anche il suo peso sulle scelte del gruppo era notevole. In una intervista affermò che tra loro c'era una specie di democrazia e che si prendevano le decisioni solo se tutti e cinque erano d'accordo. Tutti e cinque.

Ma torniamo alla nostra storia. Paul si allontana e Bill entra nel gruppo, rimanendo sostanzialmente un corpo estraneo, diciamo così. Bill preferirebbe che nessuno si accorgesse della sua presenza, ma John racconta della sostituzione già con il disco Sgt. Pepper. Nessuno capisce e Bill resta là. Nel frattempo, le sue canzoni sono considerate alla stregua di quelle di John.

Cosa succede, in una situazione simile, se il quinto Beatles, George Martin, si schiera a favore del nuovo arrivato? 

Buona parte dei dissapori di quel periodo hanno a che fare proprio con Sir George. Nel 1969, John e George affidano il disco che diventerà Let It Be ad un altro produttore, Phil Spector, senza consultare McCartney, che infatti la prende malissimo. Ancora prima, a un certo punto, Martin decide di non lavorare più col gruppo per i continui litigi ed è invece proprio McCartney (qui direi Bill) che lo convince a tornare, promettendogli di trovare un modo per far funzionare le cose. Non saprei dire come abbia fatto, ma le cose vanno esattamente così. I Beatles portano a termine Abbey Road andando a registrare le proprie parti separatamente. L'unico modo per lavorare insieme è non lavorare insieme. O così ce l'hanno raccontata.

Ricordiamo poi che dal 1968, lo abbiamo raccontato qui, Lennon e Harrison cominciano a boicottare McCartney, anche qui direi Bill e ora abbiamo anche qualche motivo in più per affermarlo. Lennon comincia a sminuire smaccatamente la musica di "McCartney", chiedendo addirittura di incidere le sue canzoni sul lato A dei dischi e quelle di McCartney sul lato B.

D'altra parte, George Martin lavora duro sui loro dischi e smorza spesso i loro eccessi. Ed è così che usa il suo potere per aiutare Bill. Lo aiuterà anche nel momento in cui dovrà incidere il suo primo disco solista. Per tenere la cosa segreta ed evitare clamori, George Martin, registra le sedute di Bill in sala d'incisione sotto il falso nome di Bill Martin. Curiosa la scelta del nome, che dite?

Per ora lasciamo così, ma ribadisco: questo lato della storia è ricco di sorprese... Vi aspetto a breve per scoprirne qualcun'altra!!

lunedì 24 marzo 2014

Cominciamo bene, Bill!!!

Di tanto in tanto, nelle dissertazioni di questo blog, ho sfiorato un argomento che, per me, è di primaria importanza. Si, perché, quando ho cominciato ad impicciarmi di tutta questa vicenda, mi sono messa i dubbi di chi tipicamente si fa i fatti degli altri. Cosa ha fatto Tizio, come ha reagito Caio e come si sarà sentito Sempronio... cose così.

Va da se che, una volta dedotto che il buon Paul non era morto ma si era fatto da parte per un po' e al suo posto era stato inserito un estraneo, la mia curiosità è stata quella di capire come questo estraneo era stato accolto all'interno del gruppo, come ci si trovava, cosa pensavano gli altri e se ne erano entusiasti. Maniacale, lo so, ma le sorprese sono davvero soddisfacenti su questo lato della storia.

Qualcosa l'abbiamo già vista. Partiamo dall'ingresso del sostituto (anche qui): in With a Little Help From My Friends, al nuovo cantante Billy Shears viene chiesto se è preoccupato perché è solo e se si sente triste per questo, se crede all'amore a prima vista e ha bisogno di qualcuno. Lui risponde che ce la può fare con un piccolo aiuto degli amici, che ha bisogno di qualcuno da amare e che quando spegne la luce vede qualcosa che è solo suo. Non è difficile ipotizzare che appena entrato nella band e lasciata la sua vita alle spalle, Bill possa aver provato qualche difficoltà. Certo credeva nell'aiuto degli amici...

Altro passo, questa volta da Hello Goodbye. Abbiamo più volte identificato questa canzone come la canzone dello scambio: Paul dice addio e Bill dice ciao. Oltre a ribadire che non sa perché l'altro dice addio, nella canzone afferma "Dico si ma forse voglio dire no" e "Posso restare finché non è ora di andare". Ahia. Bill ha detto si ma non è sicuro di voler restare e comunque rimarrà finché sarà necessario. (Vedi qui).

Aggiungerei a questo punto le considerazioni che abbiamo già fatto sulla scuola e i professori (qui). Bill, in diverse canzoni (Getting Better, Not Such a Bad Boy e Feet in the Clouds) parla del periodo in cui frequentava la scuola, dice che diventava matto e che i suoi professori lo opprimevano e soffocavano. Abbiamo anche detto che Bill, con tutta probabilità, si riferisce così al primo periodo nei Beatles, in cui doveva imparare a essere McCartney ma, sorpresa sorpresa, non parla in modo felice di quel periodo. Doppio Ahia.

A futura memoria aggiungerei anche il riferimento al college che viene fatto in You Never Give Me Your Money: qui afferma che una volta fuori dal college i soldi sono finiti, non vede futuro e non paga l'affitto. Annotatelo mentalmente.

Andiamo avanti. C'è una canzone che, secondo me, ci da la misura della solitudine di Bill all'interno del gruppo e di ciò che gli altri pensano di lui. D'altra parte pensiamo alla situazione: Paul sta male e diventa necessario sostituirlo finché non potrà, forse, tornare al suo posto. Gli altri Beatles, amici fraterni, si trovano un estraneo in casa, una persona che non ha vissuto ciò che avevano vissuto loro, che non aveva partecipato ai loro sacrifici e non era parte del gruppo.
Cosa è legittimo aspettarsi in una situazione simile? The Fool on the Hill, secondo me.

"Giorno dopo giorno, solo sulla collina, l'uomo col ghigno da scemo se ne sta perfettamente immobile. Ma nessuno lo vuole conoscere, loro vedono che è solo uno scemo. E lui non da mai una risposta. Ma lo scemo sulla collina vede il sole tramontare e con gli occhi della mente vede il mondo girare. Strada facendo, la testa in una nuvola, l'uomo dalle mille voci parla assolutamente forte, ma nessuno lo sente mai, o sente il suono che sembra emettere. E lui sembra non accorgersene. [...] E sembra che non piaccia a nessuno, loro possono dire cosa vuole fare e lui non mostra mai i suoi sentimenti. Lui non li ascolta mai, sa che sono loro gli scemi. A loro lui non piace".  

Che dire? E' l'inno alla solitudine. Ma ci dice qualcosa di più. Primo, il riferimento all'uomo dalle mille voci: Bill è stato scelto per la sua capacità di "modellare" la sua voce. Secondo, lui parla forte ma nessuno sente il suono della sua voce. Significa che nessuno si accorge che non è Paul? Terzo, loro possono dire cosa vuole lui e lui non mostra mai i suoi sentimenti. Ahia. Di nuovo.

Una precisazione: nelle traduzioni non è sempre facile trovare la sfumatura giusta delle parole. Fool si può tradurre anche come matto o buffone ma nella maggior parte delle traduzioni della canzone che ho trovato era indicato come "scemo", ho pensato di lasciare questo, ma tenendo a mente anche le altre possibilità.

A prescindere, possiamo intuire da questi riferimenti che fin dall'inizio c'è una marcata antipatia per il sostituto di Paul, sebbene sulla carta ciò che appare è altro. Cioè. Ai Beatles il sostituto ha, a tutti gli effetti, tolto le le castagne dal fuoco. Il sostituto si trova, all'improvviso, in una posizione privilegiata e può vivere la vita della star del rock. Eppure...

Eppure, niente è più ingannevole dell'ovvio.

mercoledì 12 marzo 2014

Dove tutto cambia

Bentrovati!! Pronti per un altro giro?

Oggi voglio parlarvi di un avvenimento che segnò la vita dei Beatles in modo imprevedibile. Più dell'incidente che non avvenne in cui Paul non morì? Beh, più di quello non so. Vediamo, io vi racconto e poi decidete voi.

Fin qui abbiamo detto che alla fine del 1966, Paul si allontana dal gruppo per motivi di salute, diciamo così. Visto che nessuno si è accorto della sostituzione e Bill copre alla perfezione il suo ruolo, Paul non si mette premura a riprendere il suo posto. Lo rivorrà indietro, certo, dopo qualche anno, ma nel 1967 niente lo fa presagire. D'altro canto, non possiamo certo dire che Bill si sia integrato nel gruppo: lo capiamo da diversi fatti che vi spiegherò in futuro, promesso. Per ora vi rimando al post sulla visione che Bill ha della sua posizione all'interno della band. Ne abbiamo parlato qui.

Siamo al 1968. Anno importantissimo per i Beatles. Tutto cambia e nessuno se ne accorge. Non è una novità, questa. Lennon ha provato inutilmente a spiegare cosa stava succedendo per tutto il 1967. E invece, niente.

Nel 1968, i Beatles partono alla volta dell'India per trovare il guru Maharishi e si trattengono per diversi mesi. O meglio, Ringo e Paul tornano in patria quasi subito, mentre John e George restano in India più a lungo.

Qualche anno fa, la rivista Rolling Stone ha condotto un'inchiesta sui motivi che portarono allo scioglimento dei Beatles e ne hanno tirato fuori una versione un po' diversa da ciò che ci hanno sempre raccontato.
Ufficialmente è stato McCartney a mettere la parola fine ai Beatles, dopo che la situazione si era trascinata per mesi. Paul aveva preso in mano le sorti del gruppo alla morte di Brian Epstein e pretendeva di gestire tutto a modo suo. Gli altri membri mal sopportavano quelle che da un certo punto in poi venivano viste come "prevaricazioni" e, soprattutto Lennon, diventava sempre più insofferente. I due litigavano spesso per la leadership del gruppo. La tensione continuava a crescere e anche George e Ringo cominciarono a risentirne. Fu a questo punto, come un fulmine a ciel sereno, che McCartney dichiarò alla stampa di aver abbandonato il gruppo, senza dare alcun preavviso agli altri. Non basta. Pubblicò il suo primo disco solista intitolato McCartney, nello stesso periodo di Let It Be, entrando addirittura in competizione con loro. Tutto poi avrà un seguito in tribunale e l'intera faccenda assumerà il carattere del peggiore dei divorzi.

Questa è la storia ufficiale. Un po' semplificata, ovviamente. Ma qui non ci serve aggiungere altri particolari.

Tranne che Mikal Gilmore, il giornalista che ha condotto l'inchiesta per la rivista Rolling Stone, scrive che è andata pure peggio. Secondo la sua ricostruzione, già dal 1968, John e George boicottavano i Beatles per sabotare McCartney perché stava assumendo troppo potere all'interno del gruppo.

Dal '68, dal periodo in cui si trovavano da soli in India, probabilmente.

McCartney aveva troppo potere. Eppure, Apollo C. Vermouth assicura che il "McCartney" contro cui si accanisce Lennon non è Paul, ma Bill. Interessante vero?

Vi aspetto per la prossima puntata.


P.S. Poche settimane fa, il blog ha compiuto il suo primo anno di vita. Con una buona dose di cinismo, io avrei scommesso che sarebbe durato molto meno, ma devo ammettere che certo genere di sorprese mi rende molto felice. Questo primo compleanno non è stato festeggiato a dovere, ma vorrei fosse l'occasione per fare un  ringraziamento affettuoso a chi ha preso l'abitudine di seguirmi nei miei ragionamenti. Qualcuno addirittura mi ha detto che aspetta con curiosità i nuovi post di Seguendo Mr. Apollo: dopo un primo momento, in cui ho pensato che davvero la gente non ha niente da fare, ho preso coscienza del complimento e ho assaporato un certo grado di soddisfazione. Si, va bene, ho gongolato apertamente. E allora?
Ecco. Volevo solo dire grazie a chi, in qualsiasi modo, sta facendo crescere Seguendo Mr. Apollo. 

domenica 2 marzo 2014

E' tornato il sole

Eccoci di nuovo.

Ho dedicato gli ultimi post al collegamento tra Paul e il sole (qui e qui). Oggi, invece, vorrei mettere l'accento su una cosa veramente particolare che magari è sfuggita e che si ricollega a quanto abbiamo già detto nel post su Sun King .

Su Abbey Road, oltre a Sun King, c'è un'altra canzone che parla del sole: Here Comes the Sun, uno dei capolavori di George Harrison. 


Here comes the sun (Arriva il sole, 1969) annuncia il ritorno del sole al termine di un lungo inverno. Dice che sembrano passati anni da quando il sole è stato lì, che il sorriso ritorna sulle loro faccia, e che tutto va bene. 
Ma scusa, non era la stessa cosa che diceva Sun King? In effetti, quest'ultima canzone dice che è tornato il Re Sole, tutti ridono e tutti sono contenti. Praticamente la stessa cosa.

A voi non sembra strano che nello stesso disco ci siano due canzoni che fanno lo stesso riferimento al sole e quasi con le stesse parole? E per di più provengono da due autori diversi: Sun King, da Lennon e Here Comes the Sun, da Harrison.

Abbiamo più volte affermato che Apollo C. Vermouth dice che Paul, ad un certo punto si allontana dal gruppo ma, trascorso qualche tempo, vuole riavere il suo posto a buon diritto. Ciò accade troppo tardi, quando gli umori delle persone coinvolte sono ormai esacerbati e si sta per chiudere lo show. Quindi il suo rientro diventa impossibile. Ora ricolleghiamo questa affermazione alle due canzoni che abbiamo appena visto e facciamo una domanda.

Se un amico fraterno avesse dei problemi che lo portano ad allontanarsi, quando questi ritorna, lo paragonereste al ritorno del sole dopo un lungo inverno? Anche io.